Sembrava che tutto tramasse contro di me per poter partecipare ad una delle fasi più importanti di Make in Nuoro, l’iniziativa promossa dalla Camera di Commercio di Nuoro che porterà all’installazione di un Fab Lab a servizio del proprio territorio. Ad uso e consumo delle migliaia di imprese, studenti e cittadini che vorranno avvicinarsi all’Ailun, laboratorio nel campo dell’ottica e dove già si trova Simannu, centro di simulazione e formazione per chirurgia e dove il laboratorio di fabbricazione digitale sarà installato.
Sono coinvolto nella progettazione e realizzazione dell’intervento insieme a due amici Nicola Pirina ed Amleto Picerno Ceraso. Un progetto che mette insieme tre anime, tre pilastri su cui costruire una fabbrica del terzo millennio: territorio, making, imprenditorialità.
Un viaggio intervallato da mare, montagne, tempeste d’acqua, coliche renali, pronto soccorso, sensi di colpa, cibo tipico dell’entroterra Sardo e nuraghe, per riuscire a fare un overnight stop a Milano e partecipare al GEC. Roba che alla mia età devo cominciare ad andarci cauto.
Ma non volevo e non potevo mancare. Questa settimana infatti si è concluso un tour (de force) in cui abbiamo toccato tutte le città di un territorio vastissimo, che va da Tortolì a Macomer, passando per la Barbagia, l’Ogliastra e le terre interne che arrivano fino a Isili, praticamente ad un’ora di Cagliari. Un viaggio in cui abbiamo incontrato circa 5.000 ragazzi, le quarte e quinte di tutti gli istituti superiori, direttamente in aula in 6 tappe e per tutti quelli che non sono potuti venire in streaming nelle rispettive classi. Ragazzi che si affacciano al loro futuro, che con la disoccupazione giovanile al 50% nel loro territorio è un gran bel punto interrogativo.
A tutti loro abbiamo detto fondamentalmente poche cose, alcuni messaggi fondamentali.
Gli abbiamo detto di affacciarsi ad Internet perchè l’accesso all’informazione oggi gli consente di perseguire le proprie passioni e che questo è il loro vantaggio competitivo nel mercato del lavoro.
Amleto ha raccontato ai ragazzi le frontiere della fabbricazione digitale e ricordo perfettamente alcuni momenti di magia in cui tra magliette spray, vestiti stampati, sensori, robot, villaggi spaziali costruiti da stampanti 3D Italiane, in quell’aula magna c’erano qualche centinaio di ragazzi. E non una mosca che ronzava.
Gli abbiamo detto che i loro coetanei stanno creando aziende come Google, Facebook, Kickstarter e conterranei di Serramanna a pochi chilometri stanno creando robe come Sardex. Startup che possono cambiare il mondo fatte da ragazzi dotati esattamente della stessa quantità di DNA e dello stesso menu informativo. E che è tutta roba alla loro portata: basta metterci un pò della giusta energia si possono fare oggi cose fantastiche con il loro FabLab. Possono pensare, realizzare e commercializzare oggetti. Abbiamo raccontato ai ragazzi il mercato del lavoro oggi e soprattutto quello che hanno davanti a loro domani. Che molti faranno mestieri che oggi non hanno neanche un nome.
Gli abbiamo fatto conoscere gli amici maker dell’isola che si sono radunati in un comitato spontaneo e che li possono aiutare ad entrare in questo momento ma soprattutto gli abbiamo fatto vedere e toccare con mano stampanti 3D madri e figlie, Wasp, droni, Oculus e oggetti che venivano costruiti sotto il loro occhi.
A fine conferenze l’assalto dei ragazzi alle stampanti, per provarle e capire come funzionano.
E’ stato un tour massacrante ma molto emozionante. Il ricordo più bello, una ragazza dopo l’evento si è avvicinata per stringermi la mano e rigraziarmi per averla ispirata. E son cose.